“…Il gesto di offrire una sedia è importante…equivale ad offrire una tregua a ciò che tormenta…”
(tratto da “La forza delle formiche. Disturbi alimentari: l’esperienza di un modello che cura” di Mari Ela Panzeca)
(tratto da “La forza delle formiche. Disturbi alimentari: l’esperienza di un modello che cura” di Mari Ela Panzeca)
LA STAMPA 24 APRILE 2019
GIANNI GIACOMINO
Cinque anni fa nell’ex Mauriziano di Lanzo apriva un centro per la prevenzione e la cura dei disturbi del comportamento alimentare .Era un progetto dell’Asl To 4 di Ciriè, Chivasso e Ivrea che confermava un’intuizione vincente per contrastare quello che è diventato un allarme sociale. I dati ? Ogni anno 102 persone su 100mila si ammalano di anoressia nervosa e 438 su 100 mila di bulimia. E a Lanzo arrivano pazienti da tutto il Piemonte per incontrare l’équipe multidisciplinare (psichiatri, psicologi, nutrizionisti e dietologi) coordinata dalla dottoressa Mari Ela Panzeca. Nel 2018 sono state effettuate 3705 visite, sono stati trattati 40 nuovi casi e «dimessi» 35 pazienti. In tutto le persone seguite presso il centro– quasi tutte giovani – insieme alle loro famiglie sono 339.
“ACCOGLIENZA E RISPETTO” Le mamme e i papà si sono uniti in un’associazione «In punta di cuore», che oggi conta 140 soci. Periodicamente si ritrovano per conoscersi, discutere, confrontarsi, analizzare le loro ansie e raccontare le loro speranze. Arrivano da tutto il Piemonte. «Perché – dice una di loro – qui a Lanzo abbiamo trovato accoglienza e rispetto, non qualcuno subito pronto a dare la colpa a noi e ad un eventuale rapporto conflittuale con i nostri figli. Qui non ci sentiamo più soli e siamo seguiti da professionisti preparati e formati nel loro settore che, verso di noi, hanno una disponibilità incredibile. In Piemonte ci sono altri centri per i disturbi del comportamento alimentare ma la gran parte di questi non è adeguata e rispondente alle direttive del ministero».
EVITARE LA PSICHIATRIA Sono tante storie che si intrecciano. C’è chi dopo due anni di calvario a fianco della figlia vede la fine del tunnel chi, oltre alle cure ospedaliere, ha speso 15-20 mila euro di tasca propria in consulenze di specialisti e anche chi la battaglia l’ha persa e ha deciso di continuare ad impegnarsi per gli altri ragazzi sofferenti. “Il nostro obiettivo è che i giovani non finiscano nei reparti psichiatrici perché può rappresentare un grande trauma – dicono – senza tenere conto dei costi per la collettività dell’ospedalizzazione che, per noi, rappresenta l’ultimo livello di cura al quale si auspica di non arrivare perchè la malattia va presa agli esordi”. «Il vero problema è che manca una politica regionale concreta in questo ambito, manca un controllo dei risultati in termini di efficacia ed efficienza dei vari centri– riflette Gianluigi Berta, il presidente di “In punta di cuore” – Come associazione chiediamo quei livelli di cura indicati dalle linee guida ministeriali a partire dagli ambulatori territoriali multidisciplinari come quello di Lanzo e che la Regione si faccia carico di progettare un percorso fruibile a tutti. Le famiglie devono sapere dove andare. Noi abbiamo chiesto risposte alle istituzioni, ma abbiamo ricevuto solo sorrisi e pacche sulle spalle». Ancora: «I disturbi del comportamento alimentare andrebbero contrastati agli esordi. Si eviterebbero lunghi ricoveri e comunità. Ricordiamo che il Piemonte non ha centri residenziali riservati a queste patologie, ma solo comunità psichiatriche dalle quali i giovani escono devastati, imbottiti di psicofarmaci. Abbiamo la sgradita sensazione che non si voglia investire nel benessere dei nostri giovani. È assurdo chiedere di essere curati adeguatamente e dignitosamente?». |