In chat non ci sono criminali, ma ragazze con un disagio profondo. Il web fotografa la realtà, non la amplifica. C’è rischio emulazione
«Domenica: 200 calorie al massimo. Lunedì: digiuno. Martedì: 500 calorie al massimo». È il mortifero decalogo di una «dieta» pubblicata su un blog italiano pro-ana. Dove ana sta per anoressia. Un fenomeno di cui si parla poco ma che è in crescita. Sono tre milioni gli italiani colpiti da disturbi del comportamento alimentare, secondo stime del ministero della Salute: bulimia, anoressia e alimentazione incontrollata. Con una novità: casi di bambine di dieci-dodici anni, riferiscono gli esperti consultati da La Stampa.
Un fenomeno che nella sua veste digitale si imbosca sempre più spesso in chat chiuse, dove i partecipanti si spalleggiano a vicenda. Ma criminalizzare o censurare, concordano alcune analisi, è un’arma a doppio taglio. Rischia di far nascondere ancora di più chi avrebbe bisogno di cura. Mentre il punto è riuscire a raggiungere queste persone offrendo servizi adeguati. In Italia però i centri multidisciplinari dedicati sono distribuiti a macchia di leopardo, solo in alcune regioni; e soprattutto sono ancora pochi.
Quella «dieta» impossibile citata all’inizio si riferisce ai membri di un gruppo WhatsApp, costituitosi a partire da un blog. Tra i commenti al post ci sono quelli di tante ragazze, che chiedono di entrare nel gruppo. Spesso, ignorando qualsiasi cautela, scrivono pubblicamente anche il proprio cellulare. I blog pro-ana non sono una novità. Ma sono cambiate le modalità di comunicazione fra gli utenti. Così, la diffusione di gruppi chiusi, favorita dall’adozione di massa di app di messaggistica, desta alcune preoccupazioni: il livello di partecipazione e coinvolgimento aumenta, rimanendo nascosto alla vista. Invece, è cruciale riuscire a raggiungere prima possibile gli utenti che manifestano questi disturbi: se ci si muove entro il primo anno le probabilità di guarigione arrivano al 90 per cento.